La campagna referendaria in Ciad sta già suscitando forti reazioni ancor prima di iniziare. Il Primo Ministro ad interim, Saleh Kebzabo, ha recentemente istituito un ufficio della Coalizione per il voto “sì” al referendum costituzionale previsto per il 17 dicembre. Questa decisione è stata fortemente criticata dai sostenitori del “no”, in particolare Albert Pahimi Padacké, predecessore di Kebzabo come primo ministro.
Padacké afferma che la creazione di questo ufficio di coalizione contraddice il dovere di neutralità del primo ministro e utilizza le risorse statali per promuovere il voto del “sì”. Secondo lui, questa azione scredita l’intero processo referendario e va contro la carta di transizione rinnovata durante il dialogo nazionale. Quest’ultimo, infatti, prevede chiaramente che qualsiasi operazione elettorale debba rientrare nella competenza di una struttura nazionale imparziale e indipendente.
Il Primo Ministro si difende affermando che l’istituzione di questo ufficio rispetta la legalità e mira a promuovere il “sì” nel referendum costituzionale. Tuttavia, questa decisione solleva preoccupazioni sull’equità del processo elettorale e sulla capacità dei sostenitori del “no” di sostenere le proprie argomentazioni in modo equo.
È fondamentale sottolineare che diversi leader della coalizione del “sì” si sono rifiutati di commentare questa decisione e di rispondere alle richieste della stampa.
Questa situazione solleva interrogativi sulla trasparenza e la democrazia del processo referendario in Ciad. È fondamentale che tutte le parti interessate possano esprimersi liberamente e che le regole elettorali siano rispettate per garantire un processo giusto ed equo.
Sarà quindi interessante seguire l’evoluzione della campagna referendaria in Ciad e vedere come i diversi partiti affronteranno queste controversie e sfide. Da questo dipende il futuro della costituzione ciadiana e della democrazia del Paese.