Al centro di intense polemiche, il Gambia si ritrova al centro delle cronache in seguito al tentativo di revocare il divieto di circoncisione femminile messo in atto nel 2015. La decisione dei legislatori di rinviare il disegno di legge per ulteriore discussione in una commissione nazionale ha suscitato preoccupazione tra gli attivisti gambiani che temono che la mossa possa mettere a repentaglio anni di lavoro per proteggere le ragazze e le donne.
Questa pratica, chiamata anche mutilazione genitale femminile, comporta la rimozione parziale o totale dei genitali esterni, spesso eseguita da professionisti tradizionali all’interno della comunità utilizzando lamette da barba, o talvolta da operatori sanitari. Oltre ai rischi di gravi emorragie, morte e complicazioni durante il parto, l’escissione rimane una pratica diffusa in alcune regioni dell’Africa.
Jaha Dukureh, fondatrice di Safe Hands for Girls, un’organizzazione locale che lotta contro la pratica, ha subito lei stessa la MGF e ha assistito alla morte di sua sorella a seguito della procedura. Preoccupata per le possibili conseguenze della revoca del divieto, ha messo in guardia dal possibile indebolimento di altre leggi che tutelano i diritti delle donne, come quelle riguardanti i matrimoni precoci e la violenza domestica.
Secondo le Nazioni Unite, più della metà delle donne e delle ragazze tra i 15 e i 49 anni in Gambia hanno subito questa pratica. Sostenuto dai conservatori religiosi, il disegno di legge in questione sostiene la preservazione della purezza religiosa e la salvaguardia delle norme e dei valori culturali.
Questa questione solleva profonde preoccupazioni sulla tutela dei diritti delle donne e questo dibattito potrebbe portare a un cambiamento cruciale nel panorama giuridico del Gambia. Garantire il rispetto e l’integrità delle ragazze e delle donne dovrebbe rimanere una priorità assoluta per il Gambia e la sua comunità internazionale.