Recentemente, le tensioni interne a Google sono aumentate a seguito del licenziamento di oltre due dozzine di dipendenti che protestavano contro il contratto di cloud computing della società con il governo israeliano. I manifestanti sono stati allontanati dopo aver organizzato proteste negli uffici di Google a New York e Sunnyvale, in California, inclusa un’intrusione nell’ufficio del CEO di Google Cloud, Thomas Kurian. I manifestanti esprimevano slogan come “No al genocidio a scopo di lucro” e “Sosteniamo i googler palestinesi, arabi e musulmani”.
Secondo un portavoce di Google, le proteste sono state coordinate da organizzazioni esterne e hanno interrotto il normale svolgimento del lavoro. Il comportamento dei manifestanti è stato considerato una chiara violazione delle politiche interne di Google. Dopo ripetute richieste di abbandonare l’ufficio, la polizia ha dovuto intervenire per garantire la sicurezza del luogo.
La controversia ruota attorno al contratto da 1,2 miliardi di dollari tra Google e Amazon per fornire servizi di cloud computing al governo israeliano, noto come Project Nimbus. Il gruppo No Tech For Apartheid ha criticato aspramente i licenziamenti, definendoli una forma di ritorsione da parte di Google e mettendo in discussione le priorità dell’azienda.
Questo caso solleva importanti questioni etiche e morali sui legami tra le aziende tecnologiche e i governi controversi. È fondamentale che le aziende e i dipendenti riflettano sulle implicazioni etiche delle proprie azioni, sia a livello professionale che personale, considerando attentamente le conseguenze delle decisioni in un contesto di responsabilità sociale d’impresa.