Nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), le province del Nord Kivu e dell’Ituri sono in stato d’assedio ormai da tre anni, una misura eccezionale decretata dal presidente Félix Tshisekedi per sradicare i gruppi armati che operano nella regione. Questa iniziativa mira a rafforzare l’azione delle Forze Armate della RDC (FARDC) contro le forze negative che seminano terrore e instabilità.
Tuttavia, nonostante gli sforzi delle autorità militari messe in campo per governare queste province, i risultati attesi tardano a concretizzarsi. I politici criticano spesso la gestione delle autorità militari, accusandole di monopolizzare il potere a scapito della missione principale che è quella di pacificare la regione.
Il governatore ad interim del Nord Kivu, generale Peter Chirimwami, è intervenuto nel corso di una conferenza stampa per difendere l’azione dei militari. Ha sottolineato che la gestione dello stato d’assedio non è più efficace di quella dei civili e ha sottolineato le azioni di sviluppo intraprese dall’amministrazione militare, come la pavimentazione dei viali a Goma.
L’insicurezza persiste nella regione nonostante lo stato d’assedio, con un aumento della violenza armata nell’Ituri, dove sono stati uccisi più di 2.000 civili, si sono registrati rapimenti e incendi. La società civile denuncia una situazione critica, sottolineando che la violenza ha raggiunto una soglia allarmante durante questi tre anni di regime speciale.
La speranza iniziale di vedere la pace ritornare in queste province si è gradualmente dissipata di fronte alla rinascita di gruppi ribelli, come l’M23 sostenuto dal Ruanda, e all’intensificarsi dei conflitti armati. Le popolazioni locali aspirano a una reale stabilità e alla fine della violenza che ostacola la loro vita quotidiana.
Nonostante le sfide incontrate, è fondamentale proseguire gli sforzi per trovare soluzioni durature a questa crisi, promuovendo il dialogo, la cooperazione regionale e rafforzando i meccanismi di sicurezza. La situazione nella parte orientale della RDC non deve essere relegata in secondo piano; richiede un’attenzione costante e azioni concrete per garantire la protezione dei civili e ripristinare la pace nella regione.