Nella travagliata regione dell’Ituri, nella Repubblica Democratica del Congo, la violenza ha colpito ancora una volta con tutta la sua forza. Nella notte tra domenica 1 settembre e lunedì 2 settembre è avvenuta una sparatoria mortale, che ha causato la morte di dieci persone, tra cui cinque soldati delle Forze armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC). I fatti sono avvenuti nel centro di Nizi, un piccolo villaggio situato a 35 chilometri a nord di Bunia, nel territorio di Djugu.
Secondo le testimonianze raccolte dall’amministratore territoriale, un attacco perpetrato dai miliziani del gruppo armato “Zaire” ha preso di mira un bar dove si trovavano, tra gli altri, il capo del capoluogo di Mambisa, Juga Krilo, oltre a civili. Gli aggressori, visibilmente sotto l’effetto dell’alcol, hanno aperto il fuoco indiscriminatamente, provocando la morte di cinque persone, tra cui il capo del chiefdom.
Di fronte a questi tragici eventi, i soldati delle FARDC hanno reagito cercando di neutralizzare gli aggressori, ma sono caduti essi stessi in un’imboscata. Il bilancio delle vittime è salito a cinque soldati uccisi e le loro armi sono state recuperate dai miliziani. Questa escalation di violenza ricorda la fragilità della situazione della sicurezza in questa regione già segnata da numerosi conflitti e scontri armati.
I corpi delle vittime sono attualmente trasferiti all’obitorio dell’ospedale generale di riferimento di Bunia e tra i feriti gravi c’è una donna che è stata evacuata d’urgenza per ricevere cure adeguate. Questa nuova ondata di violenza ha paralizzato le attività del centro di Nizi, gettando la comunità locale nello sgomento e nella paura.
Questa sparatoria evidenzia ancora una volta l’urgenza di un intervento efficace per ripristinare la pace e la sicurezza nella regione dell’Ituri, dove i civili continuano a pagare un prezzo elevato per la violenza armata. È essenziale che le autorità congolesi e la comunità internazionale intensifichino gli sforzi per porre fine a queste violenze ricorrenti e garantire la protezione delle popolazioni civili, che sono le prime vittime di questi conflitti mortali.