In un paese segnato da una tragedia di portata senza precedenti, il Belgio si posiziona in prima linea per rispondere all’orrore accaduto nel carcere di Makala, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). L’ambasciatrice belga nella RDC, Roxane Bilderling, esprime ferma aspettativa per i risultati delle indagini annunciate dal governo congolese. Queste indagini, fondamentali per fare luce sui fatti accaduti a Makala e accertarne le responsabilità, sembrano essere l’unica via verso la verità e la giustizia in questa vicenda costata la vita a un centinaio di prigionieri.
I dati ufficiali, comunicati dal vice primo ministro congolese dell’Interno e della Sicurezza, Jacquemain Shabani, parlano di 129 prigionieri uccisi durante l’operazione delle forze di sicurezza volta a impedire una fuga di massa dal carcere di Makala. Di queste vittime, 24 sarebbero state giustiziate a sangue freddo e altre 105 morirono per soffocamento. È stato riferito che si sono verificati anche atti di violenza estrema, con stupri e incendi deliberati all’interno della prigione.
Nel caos e nell’indignazione generale, la classe socio-politica congolese mette apertamente in discussione la responsabilità delle autorità in questa tragedia. Il partito politico LGD sottolinea l’importanza di una governance politica efficace e lungimirante per evitare tali tragedie. È chiaro che l’estremo sovraffollamento del carcere di Makala, progettato per 1.500 detenuti ma che ne ospita più di 15.000, costituisce una testimonianza lampante dei fallimenti del sistema carcerario congolese.
Di fronte a questo quadro desolante, diventa imperativo fare luce su questa tragedia, individuare e punire i colpevoli e adottare misure concrete per evitare che un simile orrore si ripeta. Il Belgio, in qualità di partner e attore internazionale, è al fianco della RDC per sostenere l’affermazione della verità e la ricerca di giustizia per le vittime di Makala. Questo caso rivela ancora una volta l’urgenza di riforme profonde e strutturali per garantire i diritti fondamentali di tutti, anche all’interno delle istituzioni carcerarie più vulnerabili.