La complessa realtà di Gibuti: tra crisi regionali e sfide interne

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La realtà nascosta di Gibuti: tra crisi regionali e sfide interne

Il Corno d’Africa è in subbuglio, stretto nella morsa delle guerre civili in Etiopia e Sudan, della continua insurrezione di al-Shabaab in Somalia e delle crescenti tensioni tra Somalia ed Etiopia per un controverso accordo portuale con il Somaliland. In questo contesto instabile, Gibuti ha recentemente ospitato due importanti forum: il dialogo annuale sulla stabilità regionale dell’Heritage Institute for Policy Studies e l’East Africa Security Forum (EASF).

Questi forum miravano ad affrontare questioni regionali cruciali, ma stranamente omettevano le crisi interne di Gibuti, come la carestia diffusa, la povertà e le carenze democratiche. Questo silenzio solleva preoccupazioni su come gli attori internazionali e regionali diano priorità alle loro agende quando organizzano discussioni in una nazione che deve affrontare sfide interne significative.

Turbina regionale e difficoltà locali

Il Corno d’Africa si trova ad affrontare una complessa rete di conflitti. Le guerre civili in Etiopia e Sudan hanno provocato migliaia di morti e milioni di sfollati. La lotta della Somalia contro al-Shabaab continua a minacciare la stabilità regionale, mentre le tensioni tra Somalia ed Etiopia sull’accordo sul porto del Somaliland aggiungono un nuovo livello di discordia.

Gibuti, spesso percepita come un’isola stabile in mezzo a questo caos, svolge un ruolo strategico. La sua posizione nello stretto di Bab-el-Mandeb lo rende un hub per basi militari internazionali che ospitano truppe provenienti da Stati Uniti, Cina, Francia, Giappone e Italia. Il paese è anche al centro degli sforzi diplomatici regionali. Tuttavia, sotto questa facciata di stabilità si celano una moltitudine di crisi interne spesso ignorate in questi incontri di alto livello.

Fame e povertà

Gibuti si trova ad affrontare una grave insicurezza alimentare, esacerbata da siccità prolungate, vulnerabilità economica e dipendenza dalle importazioni alimentari (90% della sua offerta). Tra aprile e giugno 2024, quasi 221.000 persone – ovvero il 19% della popolazione – hanno dovuto affrontare una carestia acuta, secondo l’Integrated Food Security Phase Classification (IPC). Nella classifica mondiale della fame del 2024, Gibuti si è classificata al 92° posto su 127 paesi, con un punteggio di “fame grave” di 21,2.

Con il 42% della popolazione che vive in condizioni di povertà estrema e un allarmante tasso di povertà complessivo del 79%, la disoccupazione rimane un fattore chiave dei bisogni umanitari. Il clima caldo e arido di Gibuti limita la produzione agricola, lasciando il paese fortemente dipendente dalle fluttuazioni dei prezzi alimentari internazionali.

Sfide marittime

Il territorio marittimo di Gibuti è sempre più colpito dalla pesca illegale, principalmente da parte di flotte provenienti dallo Yemen e dalla Cina. Queste attività non regolamentate impoveriscono gli stock ittici, interrompono i mezzi di sussistenza locali e danneggiano l’ecosistema marino. Peggio ancora, facilitano le reti della criminalità organizzata che utilizzano i pescherecci per contrabbandare merci, armi e persone.

L’incapacità del governo di sorvegliare efficacemente i suoi confini marittimi aggrava il problema. Le operazioni navali internazionali, come quelle condotte dall’Unione Europea, si concentrano principalmente sulla lotta alla pirateria piuttosto che alla pesca illegale, lasciando questo problema cruciale in gran parte irrisolto.

Repressione politica e deficit di governance

A livello nazionale, Gibuti è criticato per il suo governo autoritario sotto il presidente Ismaïl Omar Guelleh, al potere dal 1999. Il suo governo è accusato di corruzione, di repressione del dissenso e di consolidamento del potere. Le accuse collegano anche la sua amministrazione a legami discutibili con la Salaam Bank della Somalia, presumibilmente associata al finanziamento di al-Shabaab.

Questo contesto politico sta alimentando un diffuso malcontento e sollevando interrogativi sulla capacità del governo di gestire la sicurezza interna. La mancanza di libertà democratiche e trasparenza a Gibuti ha anche ostacolato lo sviluppo economico, scoraggiando gli investimenti esteri e aggravando le disuguaglianze.

Traffico di esseri umani

Gibuti è un nodo di transito fondamentale per i migranti che fuggono dalla povertà e dai conflitti in Etiopia e Somalia, alla ricerca di migliori opportunità nei paesi del Golfo. Tuttavia, molti sono vittime di reti di traffico di esseri umani che sfruttano le debolezze dei controlli alle frontiere e delle forze dell’ordine del paese. I migranti affrontano condizioni disumane, compreso il lavoro forzato e lo sfruttamento sessuale, sia durante il viaggio che nelle loro destinazioni.

Queste reti di trafficanti utilizzano Gibuti come porta d’ingresso verso lo Yemen, spesso trasportando i migranti su imbarcazioni sovraffollate e pericolose attraverso il temuto Golfo di Aden. Molti non sopravvivono al viaggio. Nonostante gli sforzi delle organizzazioni internazionali per combattere la tratta di esseri umani, il problema persiste, alimentato da risorse limitate e governance debole.

I forum: focus regionale, silenzio locale

Dal 25 al 27 novembre, il forum dell’Heritage Institute ha riunito accademici, politici e leader tradizionali per discutere dell’instabilità regionale, comprese le guerre civili in Etiopia e Sudan, le sfide politiche della Somalia e la minaccia di al-Shabaab. Allo stesso modo, l’East Africa Security Forum, organizzato dal 21 al 23 novembre a Camp Lemonnier, si è concentrato sulla gestione dei conflitti inter e intrastatali, nonché sugli investimenti privati ​​nel settore per la stabilità.

Sebbene questi forum abbiano affrontato questioni regionali cruciali, il silenzio che circonda le sfide interne di Gibuti solleva interrogativi sulle priorità delle parti interessate internazionali e regionali. Concentrandosi sulle crisi vicine, queste discussioni oscurano le profonde lotte locali di Gibuti, creando una disparità che merita ulteriore riflessione.

È quindi imperativo non dimenticare le numerose complessità e sfide che Gibuti deve affrontare al suo interno, anche durante i principali dibattiti regionali e internazionali. Riconoscere e affrontare attivamente questi problemi potrebbe contribuire a una visione più olistica ed equa della situazione nel Corno d’Africa, promuovendo così un’azione più efficace e sostenibile per il benessere di tutti i cittadini della regione.

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