**Masisi: Una crisi umanitaria tra disagio e resilienza**
A Masisi, nel cuore della Repubblica Democratica del Congo (RDC), infuria una tempesta silenziosa. In fuga dalla continua violenza armata, un massiccio afflusso di sfollati sta mettendo a dura prova le infrastrutture già fragili della regione. Tra questa moltitudine di migliaia di persone, la maggior parte sono donne e bambini vulnerabili, che spesso affrontano non solo pericoli fisici ma anche un rapido deterioramento della loro salute.
Romain Briey, coordinatore del progetto di Medici Senza Frontiere (MSF) a Masisi, ha condiviso con Fatshimetrie la sua diagnosi della situazione, evidenziando che l’assistenza medica e sanitaria degli sfollati comporta tre grandi priorità. Questo sistema, pur essendo encomiabile, ci spinge a interrogarci più ampiamente sulla complessità di questa crisi.
### Un’epidemia di patologie: una minaccia sistemica
Le malattie infettive (malaria, infezioni respiratorie e diarrea) stanno emergendo come i veri nemici di questa crisi. Oltre alle questioni di sicurezza immediate, è fondamentale sottolineare che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le precarie condizioni igieniche nei campi profughi favoriscono la rapida diffusione di queste malattie. In ambienti affollati, i tassi di incidenza della malaria possono raggiungere l’80%, aggravando una situazione già di per sé disastrosa.
Le iniziative messe in atto da MSF, come l’installazione di strutture per il lavaggio delle mani o la sensibilizzazione sull’igiene alimentare, sono misure essenziali. Tuttavia, sembra che questi interventi debbano essere sistematicamente abbinati a strategie di prossimità, incoraggiando i leader della comunità a partecipare attivamente. Studi precedenti hanno dimostrato che un singolo attore locale impegnato può fare miracoli, contribuendo a ridurre i casi di diarrea di oltre il 50% in contesti simili, promuovendo dinamiche comunitarie.
### Salute mentale: una dimensione spesso trascurata
Per Romain Briey la constatazione è amara: sebbene i servizi di sostegno psicologico siano accessibili, la loro portata è limitata dalla mancanza di risorse. A Masisi, si tratta di una doppia piaga che colpisce donne e bambini: la violenza fisica, ma anche i traumi psicologici legati a questa violenza, in particolare la violenza sessuale. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), il 30% delle donne sfollate soffre di problemi di salute mentale.
In un’epoca in cui le risorse digitali forniscono accesso a strumenti di teleterapia, è urgente colmare questa lacuna. In contesti come Masisi, un approccio innovativo potrebbe essere quello di formare operatori di supporto tra pari provenienti dalle comunità locali, in grado di fornire supporto emotivo e consulenza sui traumi in un contesto culturalmente sensibile.. Tali iniziative possono ridurre lo stigma e incoraggiare più donne a cercare aiuto.
### La situazione delle donne incinte: una questione sanitaria specialistica
Il reparto maternità del Masisi General Reference Hospital (HGR) è un raggio di speranza in questo periodo di disperazione. L’assistenza ostetrica e ginecologica è disponibile 24 ore su 24, ma continua a rappresentare un problema lo squilibrio tra l’offerta di assistenza e la potenziale domanda, dovuto all’elevato numero di donne incinte in situazioni precarie. Secondo i dati dell’OMS, la mortalità materna nella Repubblica Democratica del Congo è una delle più alte al mondo, con un tasso di 846 decessi ogni 100.000 nascite nel 2020. Gli sforzi per migliorare l’accesso alle cure potrebbero essere rafforzati attraverso una formazione specifica per le ostetriche e gli operatori sanitari locali.
### Un invito all’azione: oltre l’emergenza, una risposta sistemica
Sebbene Romain Briey sottolinei la necessità di donazioni e di una maggiore solidarietà, è fondamentale che questo aiuto non si limiti a gesti isolati. Questo tipo di crisi richiede una risposta sistemica, con investimenti a lungo termine, tra cui programmi educativi, sostegno all’auto-organizzazione delle popolazioni sfollate e sviluppo economico locale. Gli spostamenti di popolazione non sono solo un problema umanitario isolato; Modificano il tessuto sociale, economico e culturale nel lungo periodo.
Il futuro di Masisi dipende dalla capacità degli attori umanitari, dei decisori politici e delle organizzazioni locali di lavorare fianco a fianco. Sebbene il ritorno alla normalità dipenda dalla stabilità della sicurezza, non dobbiamo dimenticare che gli infortuni odierni richiedono cure urgenti per evitare il ripetersi delle crisi. È anche un appello più globale alla responsabilità condivisa: ogni individuo, ogni comunità e ogni nazione ha un ruolo da svolgere. La dignità umana non dovrebbe essere un lusso, ma un diritto fondamentale.
In attesa di giorni migliori, Masisi si trova a un bivio. Non si tratta solo di numeri di sfollati o di statistiche allarmanti, ma di storie umane, tra sofferenze e speranze di rinascita. In questo contesto complesso, comprendere e umanizzare la crisi è il primo passo per fornire soluzioni sostenibili.