I recenti avvenimenti avvenuti nella prigione centrale di Makala hanno suscitato un’ondata di indignazione nella società congolese. Gli stupri commessi contro le donne detenute nella notte del 2 settembre 2024 hanno evidenziato ancora una volta le carenze del sistema carcerario in termini di tutela dei diritti fondamentali.
L’esperta di genere e direttrice esecutiva dell’Afia Mama ASBL, Anny T. Modi, si è espressa contro questa violenza inaccettabile, sottolineando l’inerzia delle autorità. Questa drammatica situazione solleva molti interrogativi sulle misure preventive messe in atto dopo eventi simili accaduti in passato.
La domanda che sorge spontanea è se siano state realmente adottate misure concrete per garantire la sicurezza dei detenuti all’interno dell’istituto penitenziario. La vicinanza geografica tra i padiglioni 9 e 4, dove sarebbe avvenuto un tentativo di fuga, solleva dubbi sulla vigilanza e sorveglianza dei locali. Chi ha consentito l’accesso al Padiglione 9 durante questo tentativo di fuga e perché le misure di sicurezza non sono state sufficientemente efficaci per prevenire atti così atroci?
Anny Modi sottolinea la responsabilità dello Stato in questi tragici eventi. In quanto garante della sicurezza e del rispetto dei diritti umani, lo Stato congolese deve assumersi le proprie responsabilità garantendo la cura dei sopravvissuti e riparando i danni subiti. È fondamentale che vengano adottate misure concrete e immediate per garantire la protezione delle detenute e prevenire ulteriori atti di violenza all’interno della prigione di Makala.
In attesa di risposte chiare e azioni concrete da parte delle autorità, è essenziale che la società civile rimanga vigile e mobilitata per far sentire la voce delle vittime e lottare contro l’impunità degli autori di questi atti spregevoli. È tempo che venga fatta giustizia e che la dignità delle donne detenute sia rispettata e protetta.