Fatshimetrie: la spirale di violenza in Sudan
La situazione in Sudan è allarmante. Decine di migliaia di morti, dieci milioni di sfollati e rifugiati, una carestia imminente e una popolazione civile presa in ostaggio dai combattimenti tra le forze armate del generale Abdel Fattah al-Burhan e le Forze di supporto rapido (FSR) del generale Mohammed Hamdan Dogolo alias” Hemedti”. Questo conflitto, uno dei più brutali al mondo, è segnato da massicce violazioni dei diritti umani, come omicidi, torture, reclutamento di bambini soldato, violenza sessuale e persino atti di barbarie come rapimenti e schiavitù sessuale.
Il rapporto di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite, pubblicato il 6 settembre, evidenzia queste atrocità e chiede un intervento internazionale urgente per proteggere i civili. I civili, soprattutto donne e bambini, sono le prime vittime di questa guerra devastante. Ospedali, scuole e infrastrutture vitali vengono deliberatamente presi di mira da entrambi i campi, lasciando dietro di sé un paese in rovina e una popolazione in preda al terrore.
Le testimonianze raccolte dagli esperti delle Nazioni Unite sono strazianti. Le vittime descrivono scene di orrore, attacchi selvaggi nelle loro case, violenza incredibile e violenza sessuale abominevole. I paramilitari delle Forze di Supporto Rapido, in particolare, prendono di mira sistematicamente le popolazioni non arabe del Darfur, commettendo atrocità inimmaginabili. Le donne vengono violentate, ridotte in schiavitù sessuale, gli uomini torturati e uccisi, i bambini costretti a combattere. Una situazione umanitaria insostenibile che richiede una risposta ferma e immediata da parte della comunità internazionale.
Di fronte a questa spirale infinita di violenza, gli esperti delle Nazioni Unite chiedono un’azione urgente. Chiedono la creazione di una forza di intervento per proteggere i civili, la generalizzazione dell’embargo sulle armi in tutto il paese e la creazione di un meccanismo giudiziario speciale per giudicare i responsabili di questi crimini. Queste raccomandazioni, per il momento, restano un pio desiderio, perché la loro attuazione dipende dalla volontà politica del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
È tempo che la comunità internazionale si assuma la responsabilità e agisca per porre fine a questa tragedia umana in Sudan. Gli interessi geopolitici non possono avere la precedenza sulla vita di milioni di persone in difficoltà. È imperativo che le nazioni di tutto il mondo si mobilitino per porre fine a questa guerra insensata e proteggere le popolazioni vulnerabili che ne sono le prime vittime. Il tempo delle parole è finito, è tempo di agire per salvare vite umane e porre fine alle sofferenze in Sudan.