Nel cuore della comunità di Nkorom Onuogba nello Stato di Ezza, una storia toccante e tumultuosa turba la tranquillità ancestrale. Gli abitanti, scossi recentemente da un’ondata di violenze e demolizioni, fanno sentire la loro voce in un grido di angoscia e di rivolta. Oggetto della loro rabbia: Barth Nnaji, ex ministro dell’Energia, accusato di aver confiscato le loro terre in modo coercitivo.
In una conferenza stampa piena di emozione e sgomento, i membri della comunità hanno srotolato cartelli disperati, implorando l’intervento salvavita del governatore Peter Mbah. Gli slogan dipinti con lettere vibranti esprimono l’amarezza e la frustrazione dei residenti per l’oppressione che hanno subito: “Barth Nnaji ha reso la nostra gente senza casa”, “Vostra Eccellenza, governatore Peter Mbah, salvaci”; e “Barth Nnaji, lascia la nostra terra in pace”.
Il reverendo Stephen Itumo, portavoce dei residenti, ha raccontato con fervore la dura prova vissuta dalla comunità. Ha parlato dell’arrivo improvviso di Nnaji accompagnato da una grande scorta armata e dai bulldozer che distruggono senza pietà case e campi. Ha ricordato l’origine delle tensioni fondiarie, derivanti da un conflitto con la comunità Onuogba che aveva venduto la terra a un certo Titus Alinta.
Itumo ha sottolineato che queste terre appartengono loro di diritto, sostenendo che nessun individuo ha il potere di portargliele via. Ha menzionato le precedenti demolizioni avvenute nel 2013, segnate da massicce distruzioni e indicibili atti di violenza.
L’avvocato della comunità, Jessie-Daniels Onuigbo, ha approfondito i colpi di scena della storia, partendo dal 1974, quando una disputa sulla terra fu portata davanti ai tribunali. Nonostante le sentenze contraddittorie, la battaglia legale continua fino alla Corte Suprema, lasciando la comunità nell’incertezza e nel disordine.
In risposta alle accuse, Barth Nnaji affermò la sua legittimità su queste terre per più di 20 anni, con una successione di titoli di proprietà che confermavano le transazioni fondiarie. Al centro di questa impasse giuridica e umana, persistono crepacuore e dolore, segni di un conflitto che va oltre le semplici questioni fondiarie per toccare l’anima stessa della comunità.
Le voci si alzano, i cuori si spezzano, le case crollano. In questo pantano di sofferenze e ingiustizie, l’appello disperato della comunità di Nkorom Onuogba risuona come un grido di angoscia, un appello alla giustizia e alla dignità. In attesa di una soluzione pacifica ed equa a questo conflitto, lo stigma rimane, ricordandoci la fragilità dei nostri legami con la terra e la necessità di rispettare i diritti e le storie dei popoli indigeni.