I paesi africani stanno tornando alla ribalta sui mercati internazionali. Dopo il successo delle emissioni Eurobond di Costa d’Avorio e Benin, è il turno del Kenya di lanciare con successo questa operazione di raccolta fondi internazionale. Ma possiamo davvero parlare di un allentamento del mercato del debito africano?
È innegabile che queste operazioni abbiano suscitato un forte interesse, registrando tutte richieste in eccesso almeno tre volte. Ciò dimostra l’appetito degli investitori per le obbligazioni degli Stati africani, anche quando questi ultimi presentano determinati rischi di default, come nel caso del Kenya. Questo fenomeno può essere interpretato come un segnale positivo. Inoltre, la prospettiva di una riduzione dei tassi americani nei prossimi mesi crea un contesto più favorevole.
Possiamo dire che si profila una certa “normalizzazione”, come sottolinea un esperto di mercati africani. Una volta che i tassi americani torneranno a livelli compresi tra il 3 e il 4%, gli stati africani sperano di poter contrarre prestiti a un tasso intorno all’8%, che sarebbe sostenibile per gli stati più forti. Possiamo già citare il caso della Costa d’Avorio che ha raccolto 2,6 miliardi di dollari all’8,5% e del Benin che ha ottenuto 750 milioni di euro a poco più dell’8%.
Per il Kenya, invece, il prezzo da pagare supera il 10%. Questo tasso a due cifre è ampiamente criticato dagli analisti keniani, perché dà un’immagine disperata della situazione finanziaria del Paese. E questa è una realtà che non può essere nascosta. Il Kenya destina il 60% delle sue entrate fiscali al rimborso del debito, il che riflette la sua difficile situazione economica. Se Nairobi è riuscita a raccogliere 1,5 miliardi di dollari a un prezzo così alto è perché il tempo stringe: il Paese deve restituire due miliardi di dollari a giugno.
Il Fondo monetario internazionale ha accettato di aiutare il Kenya, grazie al dinamismo e alla forza della sua economia. Tuttavia, il FMI non può ripagare i creditori privati, rendendo l’operazione ancora più rischiosa. Bisogna ammettere che la situazione è sconcertante, ma il Kenya non ha realmente un’alternativa. Nonostante il successo dell’emissione, il rischio di default rimane onnipresente.
Anche altri paesi africani potrebbero tornare sui mercati internazionali. La maggior parte di loro li aveva abbandonati negli ultimi due anni, a causa di un cocktail di fattori come la pandemia di Covid-19, la guerra in Ucraina e l’aumento dei tassi negli Stati Uniti, che hanno fatto lievitare il costo del denaro. Questa parentesi sembra però chiudersi. Secondo Goldman Sachs, quest’anno i paesi dell’Africa sub-sahariana potrebbero raccogliere circa 5 miliardi di dollari, più o meno l’importo dei rimborsi previsti.
Gabon, Namibia, Senegal e perfino la Nigeria sono potenziali candidati per l’emissione di Eurobond. Questi paesi beneficiano di una certa fiducia nei mercati. La psicologia e l’arte dello “storytelling” giocano un ruolo determinante nel convincere gli investitori, come spiega l’esperto di mercati africani. Il ministro delle Finanze del Benin, Romuald Wadagni, ha padroneggiato perfettamente questa strategia ed è diventato una vera star nella comunità degli investitori. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che il muro del debito non è scomparso dal panorama africano, e che rimane opprimente per alcuni paesi più che per altri.
In conclusione, assistiamo quindi ad un graduale ritorno dei Paesi africani sui mercati internazionali, con le emissioni di Eurobond che stanno suscitando un certo interesse. Dobbiamo tuttavia rimanere vigili sui livelli di debito e sui rischi di default. Il successo di queste emissioni dipenderà in parte dalla capacità dei paesi africani di convincere gli investitori della solidità della loro economia e della loro capacità di ripagare il proprio debito. La strada verso una stabilità finanziaria duratura per l’Africa è ancora lunga, ma queste recenti operazioni segnalano un barlume di speranza.