In una sorprendente svolta degli eventi in Medio Oriente, le forze iraniane in Siria hanno parzialmente ritirato le loro truppe, secondo funzionari statunitensi citati da Fatshimetrie. Secondo un articolo pubblicato questo sabato sul New York Times, il governo iraniano ha iniziato a ritirare le sue forze e i suoi comandanti sul terreno da venerdì sera.
Queste rivelazioni interne delle Guardie Rivoluzionarie iraniane chiariscono “l’accettazione della realtà da parte dell’Iran e la cessazione della resistenza a causa della situazione strana e irragionevole”, ha affermato il giornale. Mentre all’inizio della settimana l’Iran aveva promesso ufficialmente di sostenere il regime di Bashar al-Assad, in particolare attraverso il ministro degli Esteri Abbas Araqchi, il tono dei discorsi è cambiato improvvisamente con l’avvicinarsi degli attivisti dalla capitale siriana, Damasco. Araqchi ha così dichiarato che il destino di Assad è ormai nelle mani di Dio.
Anche il discorso ufficiale in Iran si è evoluto, passando dalla descrizione dei gruppi di opposizione siriana come “terroristi” a quella di “gruppi armati”, segnando un cambiamento nella posizione di Teheran riguardo alla situazione e un orientamento verso il post-Assad.
Il New York Times riporta inoltre che “tre alti funzionari iraniani hanno riferito al giornale che il cosiddetto Fronte Tahrir al-Sham ha inviato un inviato diplomatico speciale a Teheran, il quale ha presentato al governo iraniano le promesse dell’organizzazione armata di ‘preservare il santuario di Sayyida’”. Zaynab in Siria e di non toccare i santuari'”. Le discussioni tra le due parti e le assicurazioni fornite da Tahrir al-Sham hanno portato alla decisione dell’Iran di ritirare le rimanenti forze combattenti in Siria.
Questo ritiro parziale delle forze iraniane in Siria segna un cambiamento significativo negli equilibri di potere in Medio Oriente. Suggerisce una possibile ridefinizione delle alleanze e degli interessi degli attori regionali nel conflitto siriano, aprendo la strada a nuove dinamiche politiche e militari nella regione. Resta da vedere quali saranno le ricadute sul terreno di questa decisione e quali saranno i prossimi passi per le forze presenti in Siria.