Nel corso di un evento di presentazione della sua opera “Per un Congo ritrovato” al Collège des Bernardins di Parigi, il presidente Félix Tshisekedi ha suscitato accese polemiche difendendo ardentemente la reintroduzione della pena di morte nella Repubblica Democratica del Congo. Questa decisione, annunciata lo scorso marzo, ha scatenato una protesta internazionale e riacceso il dibattito sulla legittimità e sull’efficacia di questa pratica.
In un contesto di violenza ricorrente e instabilità cronica, il presidente Tshisekedi giustifica la sua scelta radicale sostenendo che l’attuale situazione nel Paese, segnata da decenni di conflitto armato, richiede una risposta ferma per proteggere la sovranità nazionale e garantire la sicurezza dei cittadini. Di fronte alle minacce esterne e interne, il capo dello Stato considera la pena di morte una “necessità ultima” per scoraggiare atti di tradimento e attacchi contro l’integrità territoriale.
Tuttavia, questa posizione controversa non è priva di suscitare virulente critiche sia a livello nazionale che internazionale. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha espresso le sue riserve, chiedendo l’abolizione della pena di morte a livello globale. Allo stesso modo, diversi paesi e organizzazioni hanno denunciato con forza questa decisione, ritenendola contraria ai principi fondamentali del rispetto della dignità umana ed evidenziando i rischi di errori giudiziari irreversibili.
Allo stesso tempo, Félix Tshisekedi ha tentato di legittimare la sua posizione attraverso la pubblicazione del suo libro “Pour un Congo rediscovery”, in cui espone la sua visione di un Congo pacificato e prospero. Questo libro, pubblicato nel dicembre 2023, vuole essere un atto di trasparenza e di fede nei confronti del suo popolo e della comunità internazionale. In definitiva, la polemica scatenata dalla volontà del presidente congolese di ripristinare la pena di morte mette in luce le complesse questioni legate alla sicurezza, ai diritti umani e alla legittimità delle misure eccezionali in un contesto di crisi. La questione resta aperta: la pena di morte può davvero garantire la sicurezza e la stabilità di un Paese, oppure rappresenta un passo indietro nel cammino verso una giustizia più giusta e umanitaria?