In seguito al ritiro delle forze israeliane da Khan Younis, i palestinesi sfollati a causa dell’offensiva militare hanno timidamente cominciato a ritornare alle loro case, immersi nell’ansia di scoprire quartieri devastati. A testimonianza dell’entità del danno, le immagini filmate da un collaboratore indipendente di Fatshimetrie rivelano un paesaggio apocalittico.
Le strade disseminate di detriti e rovine testimoniano il frastuono di mesi di aspri combattimenti e di bombardamenti israeliani. Gli abitanti, a piedi, in bicicletta, in camion o sugli asini, esplorano i resti dei loro antichi luoghi di vita. Scene strazianti si svolgono mentre anime ferite recuperano utensili da cucina, sacchi di cibo e qualsiasi altra cosa che possa essere recuperata dalle macerie. Alcune figure stanno sui tetti distrutti alla ricerca di una parvenza di normalità in questo caos insopportabile. “Ecco come appare Gaza adesso”, grida un uomo, attraversando le macerie in moto.
In un balletto lugubre, le telecamere rivelano l’entità dei danni, con quasi tutti gli edifici, dalle case alle moschee, ridotti in pezzi. Gli edifici ancora in piedi sono coperti di fuliggine, crivellati di fori di proiettili e segni di artiglieria, con le facciate frastagliate.
Mentre i droni israeliani ronzano in alto, le detonazioni punteggiano l’atmosfera, facendo precipitare la città in un’atmosfera di guerra latente. Graffiti, disegni di stelle di David e insulti antiarabi in inglese segnano le pareti di un ufficio delle telecomunicazioni. “Gaza appartiene agli ebrei”, si legge in arabo accanto al logo della compagnia Basil Tel nella parte orientale di Khan Younis.
Nonostante le apparenze, le voci si levano per testimoniare, per non lasciare che l’oblio copra queste rovine spalancate. La resilienza degli abitanti, il loro coraggio nell’affrontare l’indicibile e la memoria cancellata delle vite distrutte ricordano al mondo intero l’urgenza di ricostruire ponti, curare ferite aperte e ripristinare la dignità umana. In questo oceano di desolazione rimangono frammenti di umanità, pronti a germogliare nella terra devastata di Khan Younis.