La Corte Suprema del Ciad ha ufficialmente convalidato i risultati del recente referendum per una nuova costituzione, segnando un significativo passo avanti nella transizione del Paese verso un governo democratico. Il referendum, organizzato dalla giunta militare al potere da due anni e mezzo, è visto come un precursore delle prossime elezioni previste per la fine del 2024.
Secondo i risultati finali annunciati dal presidente della Corte Suprema, il partito del “sì” è risultato vincitore con l’85,90% dei voti, mentre il lato del “no” ha ottenuto il 14,10%. L’affluenza alle urne è stata del 62,8%.
Tuttavia, l’esito del referendum ha suscitato polemiche e sollevato preoccupazioni tra i membri dell’opposizione e della società civile. Molti vedono il voto come una mera formalità, intesa a legittimare la giunta militare e aprire la strada all’elezione del generale Mahamat Idriss Déby Itno a presidente di transizione del Paese.
Il Bloc Fédéral, una coalizione di opposizione, ha presentato ricorso alla Corte Suprema, lamentando diverse irregolarità nel processo di voto e chiedendo l’annullamento dei risultati. Tuttavia, il loro appello è stato respinto, alimentando ulteriormente i sospetti di una presa di potere.
I critici del referendum sostengono che la nuova Costituzione non differisce in modo significativo dalla precedente e che garantisce ancora una schiacciante quantità di potere al Capo dello Stato. Lo vedono come un consolidamento del potere per il generale Mahamat Déby, figlio dell’ex presidente Idriss Déby Itno, che ha governato il Ciad con pugno di ferro per oltre tre decenni.
Il clima politico che circonda il referendum è stato rovinato dal boicottaggio dell’opposizione e dagli scontri violenti. L’opposizione, che ha chiesto il boicottaggio, accusa il generale Mahamat Déby di aver orchestrato un secondo colpo di stato. Sostengono che i risultati mancano di credibilità e minano ulteriormente le prospettive del paese per una vera transizione verso la democrazia.
Inoltre, sono emerse notizie di diffuse violenze e violazioni dei diritti umani durante il periodo del referendum. Nell’anniversario dei 18 mesi di transizione, sono scoppiate proteste nella capitale N’Djamena, provocando la morte di tra 100 e 300 giovani uomini e adolescenti per mano della polizia e dei militari. Le organizzazioni per i diritti umani e l’opposizione sostengono che altre persone sono state arrestate, torturate o scomparse in seguito alle proteste.
Questi eventi hanno suscitato preoccupazione a livello internazionale e sollevato interrogativi sull’impegno della giunta militare nel sostenere i diritti umani e i principi democratici. Mentre il Ciad si avvicina alle elezioni previste per il 2024, resta da vedere come la comunità internazionale risponderà a questi sviluppi e se verranno attuate vere riforme democratiche.