“Marcia di protesta nella RDC: i candidati presidenziali sfidano il divieto di denunciare le irregolarità elettorali”

Nonostante l’opposizione del governo centrale e il divieto del governatore della città-provincia di Kinshasa, i candidati alla presidenza della Repubblica della Repubblica Democratica del Congo hanno sfidato i divieti organizzando una marcia di protesta contro le “irregolarità” durante le ultime elezioni generali . Martin Fayulu, Denis Mukwege, Nkema Liloo, Christopher Ngoy e Jean-Claude Baende hanno unito le forze per difendere le loro richieste.

La marcia è stata segnata dagli scontri tra gli attivisti del partito Engagement for Citizenship and Development (ECiDé) di Martin Fayulu e la polizia schierata per cercare di impedire lo svolgimento della manifestazione. È stato effettuato uno scambio di proiettili, provocando il ferimento di alcuni agenti di polizia e di alcuni minorenni presenti sul posto.

Di fronte agli incidenti, il capo della polizia della città di Kinshasa ha giustificato l’intervento delle forze dell’ordine sottolineando che l’organizzatore della marcia aveva ignorato le misure di sicurezza previste e aveva utilizzato minori non accompagnati durante la manifestazione. Secondo lui verranno intraprese azioni legali contro l’organizzatore per giustificare la presenza di minorenni.

Da parte sua, Martin Fayulu ha accusato la polizia di collusione con una milizia locale per attaccare i manifestanti. Ha ribadito la determinazione dell’opposizione congolese a non arrendersi finché non saranno ascoltate le loro richieste di annullare le elezioni.

Questa marcia di protesta illustra le persistenti tensioni nella RDC dopo le elezioni generali, segnate da accuse di irregolarità e manipolazione. I candidati alla presidenza continuano a mobilitarsi per far valere le loro richieste e ottenere giustizia.

Resta da vedere cosa accadrà dopo e se le autorità congolesi risponderanno alle richieste dell’opposizione. Nel frattempo, le tensioni politiche nella RDC si stanno intensificando, lasciando presagire un futuro incerto per il Paese.

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