Nel cuore della parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, una terra segnata da conflitti e violenza, le donne devono affrontare sfide incommensurabili. Il Collettivo delle Associazioni Femminili per lo Sviluppo (CAFED) ha recentemente accolto con favore la nomina di Judith Suminwa a Primo Ministro come un importante passo avanti verso la “mascolinità positiva”.
Isabelle Pendeza, presidente del CAFED, esprime profonda soddisfazione per questa nomina storica. Sottolinea che la presenza di una donna in una posizione così strategica è un segnale forte a favore dell’uguaglianza di genere e del riconoscimento del ruolo essenziale delle donne nella costruzione di una società più giusta ed egualitaria. Questa nomina è vista come un simbolo di speranza per le donne nell’est della RDC, spesso vittime di violenza sessuale e traumi legati ai conflitti armati.
Le aspettative di Judith Suminwa sono alte, sia in termini di azione politica che di impegno per la pace e la tutela dei diritti delle donne. In quanto madre, donna e figura iconica, incarna l’empatia e la comprensione necessarie per soddisfare i bisogni specifici delle donne congolesi, in particolare di quelle che vivono nelle aree più colpite da violenza e conflitti.
È fondamentale che il nuovo Primo Ministro si impegni pienamente a risolvere i conflitti e a promuovere la pace nell’est del Paese. Le donne di questa regione meritano di essere ascoltate, sostenute e protette. Per troppo tempo sono state vittime silenziose delle atrocità della guerra, subendo violenze inimmaginabili e profondi effetti sulla loro salute fisica, mentale e psicologica.
La nomina di Judith Suminwa a Primo Ministro rappresenta un passo positivo verso il riconoscimento del ruolo centrale delle donne nella costruzione di una società più giusta e inclusiva. Tuttavia, resta ancora molto da fare per garantire l’uguaglianza di genere, l’accesso delle donne a posizioni di potere e la considerazione delle loro esigenze specifiche nelle politiche pubbliche. Le donne congolesi si aspettano più che discorsi e promesse, vogliono azioni concrete e soluzioni durature per porre fine alle loro sofferenze e consentire loro di ricostruire la propria vita con dignità e sicurezza.