Questo sabato la situazione a Gaza rimane critica, con i funerali che si susseguono nel corso dei giorni, a testimonianza della devastazione causata dall’operazione militare israeliana nell’enclave. Moschee, chiese, scuole, ospedali e siti archeologici sono stati ridotti in rovina. Ogni nuovo sciopero getta la popolazione sempre più nella disperazione.
L’ultimo attacco aereo, avvenuto venerdì sera nel sud della città di Rafah, è costato la vita ad almeno 9 palestinesi, tra cui 6 bambini. Le immagini toccanti mostrano i propri cari in lacrime, che cercano di trovare le parole di fronte a questa insopportabile ingiustizia. Uno dei padri in lutto dichiara, mentre tiene tra le braccia la figlia defunta: “Questo mondo è privato di tutti i valori umani e morali. Comprende solo il linguaggio del potere”.
Rafah, che attualmente ospita più della metà dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza, per lo più sfollati a causa dei combattimenti, è devastata. Secondo un rapporto sostenuto dalle Nazioni Unite, la carestia minaccia soprattutto il nord di Gaza. È in questo contesto che, il 18 aprile, una panetteria di Gaza City ha potuto riaprire i battenti, grazie all’aiuto del Programma alimentare mondiale, offrendo un sottile barlume di speranza con il pane, un alimento di cui c’è un disperato bisogno.
L’assedio di Israele su una delle aree più densamente popolate del mondo ha contribuito a decimare la produzione, la distribuzione e l’agricoltura del cibo. Nel frattempo, nella Cisgiordania occupata, si sta svolgendo un altro aspetto del conflitto, con i raid dell’esercito israeliano nel campo profughi di Nur Shams, che hanno provocato la morte, secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, di un giovane palestinese di 15 anni.
Questa guerra durata sei mesi ha avuto un pesante tributo di vite umane, con oltre 33.800 morti. Centinaia di operatori umanitari, giornalisti e le loro famiglie sono stati uccisi negli attacchi israeliani.
Oltre ai conflitti a Gaza, anche la violenza perpetrata dai coloni israeliani in Cisgiordania ha raggiunto un livello allarmante. L’organizzazione Human Rights Watch sottolinea il coinvolgimento o il mancato intervento delle forze israeliane di fronte agli attacchi dei coloni contro i palestinesi, che lo scorso autunno hanno causato lo sfollamento di centinaia di persone provenienti da diverse comunità beduine.
Dopo il 7 ottobre, l’esercito israeliano ha mobilitato 5.500 coloni, riservisti dell’esercito israeliano, alcuni con precedenti penali di violenza contro i palestinesi, e li ha assegnati ai battaglioni di difesa regionale in Cisgiordania. I coloni si sono impegnati in attacchi e minacce contro i palestinesi, mentre l’ONU ha documentato più di 700 attacchi dal 7 ottobre, sfollando più di 1.200 persone.
Questi diversi eventi rivelano una realtà complessa e tragica, dove la violenza e la disperazione sono onnipresenti nei territori occupati. È imperativo cercare soluzioni durature per porre fine a questo ciclo distruttivo di sofferenza e incertezza.