Nel cuore della capitale congolese, Kinshasa, si trova la prigione di Makala, un imponente edificio che sembra traboccare da ogni parte di un sovraffollamento cronico e di condizioni di detenzione disumane. Testimonianze toccanti ci portano al cuore di questa realtà inquietante, rivelando un sistema carcerario fallimentare e inadeguato ai bisogni della popolazione carceraria.
Stanis Bujakera Tshiamala, giornalista e testimone privilegiato del Centro penitenziario e di rieducazione di Kinshasa (CPRK), ci fornisce immagini sorprendenti, documentate durante la sua detenzione di quasi 7 mesi. Scene di insopportabile sovraffollamento, dove i detenuti sono ammassati gli uni sugli altri, talvolta dormono appollaiati sulle latrine, in attesa di un pasto magro e di scarsa qualità, servito una volta al giorno tra le 17 e le 18.
Le condizioni di vita nel carcere di Makala sono allarmanti. La cucina, preparata sul fuoco di legna, si ritrova sopraffatta dal compito titanico di nutrire una popolazione carceraria che supera di gran lunga la capacità di accoglienza teorica dell’istituto. Niente acqua potabile alla spina, servizi igienici difettosi che costringono i prigionieri a fare i propri bisogni all’aria aperta, igiene e servizi igienico-sanitari brillano per la loro evidente assenza.
Il sovraffollamento delle carceri, che da decenni rappresenta una delle principali sfide per le autorità congolesi, è aggravato dalla crescita esplosiva della popolazione e dagli interminabili ritardi giudiziari. Migliaia di detenuti si ritrovano da anni in custodia cautelare, in attesa di processo in condizioni disumane e disperate. Questa lentezza amministrativa provoca una congestione del sistema carcerario, trasformando i luoghi di detenzione in veri e propri centri di concentramento, lontani dalla loro iniziale vocazione di rieducazione e reinserimento.
All’interno del carcere di Makala è stata stabilita una gerarchia sociale ed economica, dove i prigionieri più ricchi beneficiano di un trattamento privilegiato, in contrasto con la miseria dei più indigenti. La sicurezza all’interno delle mura è assicurata dagli stessi prigionieri, creando un clima di insicurezza permanente dove la violenza e l’ingiustizia regnano sovrane.
L’appello per una riforma urgente del sistema carcerario congolese risuona come una necessità vitale. È tempo di garantire condizioni di detenzione dignitose e umane, di rispettare i diritti fondamentali di ogni individuo, anche dietro le sbarre. Lo sguardo implacabile di Stanis Bujakera Tshiamala sulla realtà del carcere di Makala ci spinge ad agire, a non distogliere lo sguardo di fronte a un’ingiustizia lampante che persiste nell’indifferenza generale.