Fatshimetrie: fuga spettacolare dalla prigione centrale di Makala
Tutto ebbe inizio nella notte buia di Kinshasa, quando la città era avvolta da un silenzio quasi palpabile. Tra le due e le tre del mattino, gli spari risuonarono in modo discontinuo, disturbando la consueta tranquillità della metropoli addormentata. Nel cuore della prigione centrale di Makala, la più grande del Paese, era in corso un tentativo di evasione. I detenuti, spinti da un’eccitazione febbrile, cercavano disperatamente di spezzare le catene della loro prigionia, per liberarsi dalle mura opprimenti di questa fortezza impenetrabile.
Con il passare delle ore, mentre cominciava a cadere la pioggia, sui social network venivano diffusi video amatoriali, che rivelavano sagome furtive che si muovevano nell’oscurità, alla ricerca di una via di fuga. Si sono levate voci, portate da un misto di paura e determinazione: “Abbattiamo le barriere, abbattiamo gli ostacoli!” », urlavano alcuni detenuti, le loro parole attutite dal rumore delle armi da fuoco. Altri hanno cercato coraggiosamente di farsi strada nel labirinto della prigione, intrappolati in questo mondo oscuro e opprimente. La prima morte fu tragicamente annunciata, mentre un detenuto, in un gesto di compassione, vegliava sul corpo inerte del suo compagno, disteso sul terreno umido.
Con l’arrivo del giorno, il fumo che si sprigionava dai padiglioni di Makala testimoniava la devastazione provocata da quella notte di caos. La polizia ha cercato di riprendere il controllo di una situazione diventata incontrollabile, mentre le autorità hanno fatto del loro meglio per rassicurare la popolazione. Nonostante i discorsi ufficiali volessero essere rassicuranti, la portata della tragedia era palpabile, lasciando nell’aria un sapore amaro di insicurezza e perplessità.
La Bill Clinton Peace Foundation (FBCP) ha reagito con indignazione, deplorando il tragico bilancio della fallita fuga: diversi morti, feriti e fughe riuscite. Sottolineando una serie di disfunzioni strutturali, la FBCP ha denunciato la preoccupante presenza di soldati all’interno di un carcere civile, evidenziando un problema di sicurezza nazionale persistente e purtroppo già noto in precedenti tragici incidenti.
Nei giorni precedenti questo tumulto, l’atmosfera a Makala era già tesa. Durante una visita ufficiale al Centro di rieducazione penitenziaria di Kinshasa, il Ministro della Giustizia ha espresso il desiderio di alleviare la congestione dell’istituto sovraffollato, sottolineando l’urgenza di azioni concrete per porre rimedio a questa situazione critica. Di fronte a un numero di prigionieri ben superiore alla sua capacità iniziale, Makala si è trovata al centro di un’acuta crisi carceraria, che riflette le sfide socioeconomiche e demografiche che la capitale congolese deve affrontare..
Nonostante le misure annunciate per alleggerire il peso di Makala, la notte del 2 settembre 2024 è stata teatro di un momento di verità, che ha evidenziato le profonde carenze del sistema carcerario e l’urgente necessità di una riforma approfondita. Mentre la città cercava di curare le sue ferite e riprendersi dal terrore che l’aveva scossa, rimaneva una domanda: l’UNAD sarebbe sfuggito a un destino simile in futuro, o sarebbe stato condannato a rivivere instancabilmente l’incubo di quella notte fatale a Makala?