Con i recenti eventi in Costa d’Avorio, in particolare le indagini condotte dalla Corte penale internazionale sulle violenze del 2002 e del 2010 e l’assoluzione dell’ex presidente Laurent Gbagbo e Charles Blé Goudé nel 2021, si riaccendono i dibattiti e le preoccupazioni sulla giustizia internazionale. La decisione della Corte penale internazionale di considerare la chiusura del suo ufficio ad Abidjan nel 2025 solleva molte domande e provoca diverse reazioni nel Paese.
Da un lato, il governo ivoriano è fiducioso sull’efficacia delle sue giurisdizioni nazionali e accoglie con favore la possibile chiusura dell’ufficio della Corte penale internazionale. Amadou Coulibaly, portavoce del governo, sottolinea che ciò dimostra il buon funzionamento delle istituzioni nazionali e la loro capacità di assumere pienamente il proprio ruolo in materia di giustizia.
Restano però le apprensioni da parte delle associazioni delle vittime. Drissa Bamba, presidente del Movimento ivoriano per i diritti umani, si chiede chi potrà rendere giustizia alle circa 3.000 vittime delle violenze del 2010 se l’indagine della Corte penale internazionale si conclude bruscamente. Da parte sua, Willy Neth, presidente della Lega ivoriana per la difesa dei diritti umani (Lidho), deplora la mancanza di comunicazione del tribunale nei confronti delle vittime e insiste sulla necessità di un approccio più sensibile ed educativo.
Al di là di queste reazioni divergenti, la questione dell’impunità e della lotta contro i crimini internazionali resta al centro dei dibattiti. La giustizia internazionale, e più in particolare la Corte penale internazionale, deve garantire di svolgere le proprie indagini e di fornire giustizia alle vittime, garantendo la cooperazione degli Stati interessati e rispettando i più alti standard in termini di diritti umani.
Insomma, la situazione in Costa d’Avorio mette in luce le complesse e delicate questioni legate alla giustizia internazionale. La decisione della Corte penale internazionale di chiudere il suo ufficio ad Abidjan nel 2025 solleva domande legittime e richiede una riflessione approfondita sui meccanismi e sugli attori coinvolti nella lotta contro l’impunità e nella tutela dei diritti fondamentali.