Con una decisione controversa, uno scrittore franco-camerunense di 60 anni, Charles Onana, è stato dichiarato colpevole da un tribunale di Parigi il 9 dicembre di “complicità nella contestazione pubblica dell’esistenza di un crimine contro l’umanità”. Questa convinzione fa seguito alle affermazioni contenute nel suo libro del 2019, intitolato “Rwanda, la verità sull’operazione Turchese”, in cui mette in dubbio l’idea di un genocidio pianificato dagli Hutu, che definisce “una delle più grandi truffe del XX secolo”. secolo.
La sentenza è definitiva, con una multa di 8.400 euro inflitta a Charles Onana e 5.000 euro al suo editore, Damien Serieyx delle Éditions du Toucan. Inoltre, sono stati condannati a risarcire 11.000 euro di danni alle organizzazioni per i diritti umani che hanno intentato causa.
Questo caso deriva dalla legge francese sulla libertà di stampa del 2017, che criminalizza la negazione o la minimizzazione dei genocidi riconosciuti. Il libro di Onana aveva suscitato lamentele da parte di associazioni come Survival, la Lega per i Diritti Umani e la Federazione Internazionale per i Diritti Umani.
Secondo le Nazioni Unite, il genocidio ruandese del 1994, orchestrato da un regime estremista Hutu, ha causato la perdita di 800.000 vite umane, principalmente Tutsi e Hutu moderati.
Fuori dall’aula, alcuni sostenitori di Onana hanno scandito slogan come “Onana innocente” e “Kagame assassino”, in riferimento al presidente ruandese Paul Kagame. Le forze di sicurezza hanno rapidamente disperso la protesta, ponendo fine a una manifestazione turbolenta.
Questo caso solleva interrogativi sulla libertà di espressione e sul posto del dibattito storico nella società. Mentre la Francia cerca di proteggere la memoria delle vittime dei genocidi, si levano voci in difesa del diritto alla diversità di opinioni e alla ricerca storica. Ciò invita a riflettere sui limiti della libertà di espressione di fronte a temi delicati come i genocidi.