** Verso fragile stabilità: le sfide dell’incontro tra Félix Tshisekedi e Paul Kagame in Doha **
Il 18 marzo 2025 rimarrà senza dubbio inciso negli annali delle relazioni tra la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il Ruanda. In effetti, i presidenti Félix Tshisekedi e Paul Kagame si sono incontrati a Doha, in un contesto internazionale teso, che mette in evidenza le complesse dinamiche che governano la regione dei grandi laghi africani. Questo vertice, sull’iniziativa dell’emiro del Qatar, ha aperto un nuovo capitolo nel dialogo tra due paesi con tumultuosi legami storici, esacerbati dall’ascesa della violenza nell’est della RDC.
L’incontro è un inquietante arrampicata di conflitti nel Congolese orientale, aggravato dall’avanzata dei ribelli della M23, che molti sospettano di essere sospesi da Kigali. Supporto che, se dimostrato, opera in un contesto di antiche rivalità geopolitiche, in cui la questione delle risorse naturali e della sicurezza nazionale sono questioni importanti.
La dichiarazione comune derivante da questo incontro ha accolto con favore gli sforzi intrapresi dai processi di pace avviati a Luanda e Nairobi, sottolineando l’importanza di un cessate il fuoco immediato. Questi piani di pace, sebbene promettenti, rivelano in se stessi lo fatiscente di un approccio che potrebbe sembrare unificato. L’inclusione di attori regionali, tra cui Angola e EAC, a volte ha difficoltà a risuonare con l’entusiasmo necessario per generare risultati tangibili.
Dietro questa facciata diplomatica, è fondamentale mettere in discussione l’efficienza di queste discussioni. In effetti, lo stesso giorno, a Luanda, i negoziati tra il governo congolese e l’M23 furono cancellati “per ragioni e circostanze di forza maggiore”. Ciò solleva una domanda legittima sul vero desiderio di dialogo da parte dei ribelli e sulla credibilità dei processi di mediazione. L’M23, in un comunicato stampa, ha denunciato le sanzioni europee che pesano sui suoi leader, sostenendo di complicare notevolmente il risultato delle discussioni. Questa situazione evidenzia una realtà che poco considera: la diplomazia non può funzionare nel vuoto; Il contesto internazionale e le azioni dei poteri esterni influenzano significativamente le dinamiche interne.
È essenziale ricordare che la regione dei Grandi Laghi è ricca di risorse, minerali ricchi e terreni agricoli favorevoli allo sfruttamento. Il nesso tra diplomazia e questioni economiche rimane cruciale. Le ricchezze naturali della RDC attirano non solo le lussurie esterne, ma aggravano anche le rivalità interne. Il Ruanda, essendo un paese con uno sviluppo economico dinamico per diversi decenni, potrebbe vedere un interesse strategico nel mantenere un’influenza sulla RDC, sia per motivi di sicurezza che per beneficiare delle sue risorse.
Statisticamente, la situazione è allarmante: milioni di congolesi continuano a soffrire delle conseguenze di questa instabilità, con figure spostate interne che raggiungono altezze. Di una popolazione di oltre 90 milioni di abitanti, quasi 5,5 milioni sono ora spostati a causa della violenza a Kivu e in altre regioni. L’afflusso di questi inappropriati trae la qualità della vita in molte aree, mentre gli investimenti stranieri, necessari per la ricostruzione e lo sviluppo, continuano ad essere in gran parte assenti a causa dell’incertezza sulla sicurezza.
L’incontro a Doha, sebbene positivo sulla carta, deve quindi essere considerato con cautela. Gli impegni visualizzati dai due leader sono un passo, ma è fragile e deve immediatamente provocare azioni concrete per contribuire alla pacificazione duratura. La fiducia reciproca accolta dalla dichiarazione ufficiale deve essere supportata da meccanismi chiari ed efficaci, che implicano non solo i due governi ma anche la società civile e le popolazioni locali.
Pertanto, le discussioni a Doha potrebbero essere meno un momento di riconciliazione che un disperato tentativo di padroneggiare una situazione che è diventata esplosiva. Resta da sperare che questa iniziativa porterà a risultati concreti e un vero dialogo di pace che consentirà alla RDC e al Ruanda di avviare un processo di ricostruzione basato sulla fiducia, la cooperazione e, soprattutto, il riconoscimento dei diritti delle popolazioni colpite.
Gli occhi di tutto il mondo si stanno ora rivolgendo a Kinshasa e Kigali, sperando che questo incontro non sarà una semplice nota diplomatica, ma piuttosto l’inizio di una svolta verso la vera pace. La regione dei Grandi Laghi merita di meglio delle promesse. Richiede azioni.