** Donne e guerra: una lotta invisibile per la sicurezza alimentare nelle zone di conflitto **
Nella tumultuosa regione del mondo in cui i conflitti armati tracciano linee di sofferenza e disperazione, un aspetto spesso ignorato è l’impatto diretto di queste violenze sulla sicurezza alimentare e, più specificamente, il ruolo centrale che le donne svolgono nei sistemi agroalimentari. Durante una recente tavola rotonda a Kinshasa, la FAO ha rivelato fino a che punto queste donne, nonostante la loro importanza cruciale, si trovano alle prese con sfide inimmaginabili, un fenomeno che merita un’attenzione urgente e soluzioni innovative.
** Una realtà statistica allarmante **
Le cifre parlano da sole: secondo un rapporto della Banca mondiale, i conflitti armati portano a una riduzione del 10-20 % della produzione agricola nelle regioni colpite. Questa statistica non è solo una figura grezza; Evoca vite, famiglie e capacità di milioni di donne di nutrire i loro cari. A Kinshasa, lo specialista del genere con la FAO, Marie Musifu, ha messo in evidenza il tragico paradosso che vuole che le donne, sebbene trasportassero soluzioni, siano in prima linea nella sofferenza. In tempo di guerra, il loro ruolo diventa sempre più precario, costringendo molte donne a navigare tra il rischio di violenza e l’obbligo di provvedere alle esigenze alimentari.
** Donne: pilastri o vittime? **
Le donne rurali sono spesso considerate i pilastri dei sistemi alimentari in molte aziende, in particolare nell’Africa sub-sahariana, dove rappresentano quasi il 50 % della forza lavoro agricola. Tuttavia, gli studi dimostrano che queste stesse donne sono spesso meno di proprietà di terra, con accesso limitato alla formazione o finanziamenti necessari per sviluppare le loro attività terrestri. La guerra, aggravando una situazione già sfavorevole, li priva dei loro diritti fondamentali. Di conseguenza, si pone la domanda: le donne devono rimanere limitate a compiti di sussistenza o possono affermarsi come attrici di cambiamento nelle ricostruzioni postbelliche?
** una dinamica di resilienza **
È necessario capire che, di fronte alle avversità, alcune donne nelle zone di conflitto adottano strategie resilienti per superare questa crisi. Diverse iniziative attraverso il continente africano, come le cooperative di donne agricoltori, mostrano come l’aiuto reciproco e la solidarietà possano consentire una ricostruzione di risorse e conoscenze. Ad esempio, in Ruanda, programmi simili hanno consentito un aumento significativo della sicurezza alimentare post-conflitto e in base all’impegno proporzionale delle donne nel processo decisionale agricolo. Pertanto, a volte sembra che la guerra, sebbene antichilizzabile, possa generare in alcune donne una forte creatività e determinazione a stimolare le loro comunità.
** Verso una politica inclusiva **
Uno dei principali problemi sollevati durante l’evento a Kinshasa è la necessità di stabilire politiche di resilienza alimentare che evidenziano le donne. Le agenzie internazionali, i governi e gli attori della società civile devono non solo riconoscere il loro ruolo, ma anche offrire soluzioni concrete. Ciò potrebbe passare attraverso programmi di formazione mirati, un supporto finanziario adeguato e la creazione di spazi in cui le donne possono organizzarsi e formarsi a vicenda. L’empowerment delle donne non è solo una questione di diritti; È una strategia essenziale per la pace e la sicurezza alimentare.
** Conclusione: una richiesta di azione collettiva **
È ovvio che l’attuale crisi alimentare, aggravata dalla violenza armata, non può essere risolta senza intervento mirato a favore delle donne. La FAO chiede uno sforzo concertato per proteggere i diritti fondamentali delle donne, sottolineando che la pace e la sicurezza alimentare sono inseparabili. Questa sfida dovrebbe incoraggiare le aziende a mobilitare risorse e attuare misure che garantiscono una vera inclusione delle donne nello sviluppo post-conflitto. Alla fine, la voce delle donne deve essere intesa non solo come vittime, ma anche come potenziali leader nella ricostruzione di un futuro in cui la sicurezza alimentare non è più un’aspirazione, ma una realtà indiscussa.
È qui che si trova la speranza: in una consapevolezza collettiva, azione risolta e l’impegno di tutte le parti interessate a rendere la sicurezza alimentare una realtà universale, basata sull’uguaglianza e sulla dignità.