** Rivalutazione dell’accordo quadro Addis Abeba: un nuovo respiro per l’est della Repubblica Democratica del Congo? **
Il 25 maggio 2025, a Kinshasa, l’incontro tra il presidente del Burundi, un evariano Ndayishimiye e la sua controparte congolese, Félix Tshisekedi, faceva parte di un contesto regionale contrassegnato da decenni di conflitti e instabilità. Sembra che questo incontro sia rivolto alla rivalutazione dell’accordo quadro Addis Abeba, che dovrebbe essere discusso più approfondito al dodicesimo vertice del meccanismo di monitoraggio regionale (MRS) pianificato a Kampala. Questa revisione potrebbe rappresentare una svolta per la pace e la sicurezza nella regione dei Grandi Laghi?
L’accordo di Addis Abeba Framework, firmato nel 2013 da 11 paesi e supportato da quattro istituzioni internazionali (UN, UA, CIRGL e SADC), aveva suscitato considerevoli speranze all’epoca. Il suo obiettivo era quello di trattare le profonde cause dei conflitti nella RDC, in particolare nella sua parte orientale, dove persistono cicli di violenza. Tuttavia, 12 anni dopo la sua firma, le promesse di un futuro più sereno sembrano ancora in attesa di realizzazione.
Il fatto che i presidenti Ndayishimiye e Tshisekedi mantengano buone relazioni è un punto significativo per la cooperazione regionale. Tuttavia, la vera domanda è come questa collaborazione possa essere tradotta concretamente in azioni di pace sostenibili. La comunicazione evasiva dopo il loro incontro potrebbe suscitare domande sulla trasparenza delle discussioni tenute, ma consente anche di porre domande utili: quali sono i benefici tangibili degli impegni assunti durante queste riunioni?
La voce di personalità come Denis Mukwege, premio Nobel per la pace per il 2018, riflette il desiderio di rinnovamento nell’approccio regionale alle crisi. La sua chiamata a rivitalizzare l’accordo del quadro con sanzioni e meccanismi di controllo evidenzia l’importanza di una grave attuazione e l’urgenza di avere risultati visibili. Questi meccanismi potrebbero eventualmente dare un nuovo impulso a un accordo che, come sottolinea l’analisi, rimane in gran parte al di fuori delle priorità delle parti interessate.
La principale sfida sta quindi nella volontà politica degli Stati firmatari per integrare questi consigli e questa crescente pressione nelle loro azioni. Il consolidamento degli sforzi di pace richiede non solo discussioni strategiche, ma anche ascoltare l’attenzione delle aspettative delle popolazioni colpite da questi conflitti. Cosa può significare, sul campo, la rivalutazione di questo quadro giuridico e politico e come garantire che le promesse formulate provengano in azioni concrete?
Un altro aspetto da considerare è il groviglio di problemi nella regione. L’accordo di Addis Abeba è spesso percepito come una misura multidimensionale che non può essere dissociata dalle dinamiche interne a ciascun paese coinvolto, nonché da influenze geopolitiche esterne. Di conseguenza, un impegno efficace dovrà fare affidamento su una sinergia tra attori locali, regionali e internazionali.
L’importanza di queste discussioni in Kampala e tenere conto di vari punti di vista, compresi quelli delle popolazioni locali e delle organizzazioni della società civile, è cruciale. Le voci di coloro che soffrono direttamente di conflitti devono essere integrate nel processo, al fine di garantire una vera legittimità e accettazione delle soluzioni proposte.
In breve, l’incontro tra Ndayishimiye e Tshisekedi può essere percepito come un tentativo di iniziare una dinamica positiva verso una nuova comprensione delle sfide regionali. Tuttavia, è essenziale rimanere vigili sulla capacità degli stati di passare dal discorso agli atti. La pace nella regione dei Grandi Laghi comporta profonde riflessioni e azioni concertate. Le prossime settimane, incluso il vertice di Kampala, potrebbero offrire un’opportunità unica per avviare questo lungo cambiamento.