“Ciad: l’amnistia generale divide dopo un “massacro” durante le manifestazioni anti-esercito”

Al centro delle notizie c’è l’amnistia generale annunciata dalle autorità militari in Ciad. Questa decisione suscita reazioni contrastanti, soprattutto da parte dell’opposizione e delle ONG, che accusano il governo di voler proteggere i responsabili di un “massacro”. Uno sguardo indietro agli eventi che hanno portato a questa misura controversa.

Il 22 ottobre 2022, sono scoppiate manifestazioni in tutto il paese per protestare contro il mantenimento del governo militare, che aveva prolungato di due anni una transizione di 18 mesi inizialmente prevista per cedere il potere ai civili attraverso le elezioni. Secondo le autorità, durante queste manifestazioni sono state uccise una cinquantina di persone, mentre l’opposizione e le ONG avanzano un bilancio molto più alto, tra i cento e i trecento morti, soprattutto giovani manifestanti uccisi dalla polizia.

In risposta a questa ondata di proteste, il governo ha poi annunciato che “erano stati uccisi anche diversi membri delle forze di sicurezza”. Tuttavia, un anno dopo, il governo menziona solo sei membri delle forze di sicurezza deceduti, tra cui tre agenti di polizia. A differenza dei numerosi manifestanti imprigionati – più di 600 in totale, secondo i dati ufficiali – nessun agente delle forze di sicurezza è stato accusato o arrestato pubblicamente.

La situazione è peggiorata con l’arresto di oltre 600 giovani manifestanti, tra cui 83 minorenni, che sono stati rinchiusi in condizioni disumane nel carcere di Koro Toro, in mezzo al deserto. Dopo un mese e mezzo, più di 400 di loro furono condannati in un rapido processo di massa senza avvocati.

Di fronte a questi avvenimenti si sono moltiplicate le richieste di un’indagine internazionale. Le organizzazioni per i diritti umani denunciano la mancanza di indagini serie sui responsabili delle violenze e una cultura dell’impunità. Amnesty International deplorava inoltre, già dal 20 ottobre, l’assenza di un’equa giustizia per i manifestanti e la mancanza di indagini sui presunti omicidi.

In questo contesto teso, il governo del Ciad sta preparando un referendum per il 17 dicembre per l’adozione di una nuova costituzione, aprendo così la strada alle elezioni presidenziali e legislative nel 2024. Tuttavia, la maggioranza dei partiti di opposizione chiede di aver già boicottato questo processo, esprimendo la loro sfiducia nei confronti dell’attuale governo.

Restano quindi ancora molti interrogativi sul futuro del Ciad e sulla risoluzione delle tensioni politiche nel Paese. I prossimi mesi saranno decisivi per determinare se l’amnistia generale consentirà una vera riconciliazione nazionale o se sarà vista come un tentativo di soffocare le voci dissenzienti e garantire l’impunità ai responsabili delle violenze.

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