**Fatshimetrie: scavando nel cuore della crisi umanitaria delle inondazioni in Sud Sudan**
La stagione delle inondazioni in Sud Sudan, un tempo un fatto prevedibile della vita, è diventata un disastro annuale, sfollando centinaia di migliaia di persone e gettando le comunità in una crisi sempre più profonda. Famiglie come quella di Nyabuot Reat Kuor, una madre sfollata dalla sua casa a Gorwai, stanno soffrendo le conseguenze disastrose di questo fenomeno climatico.
“Quando eravamo a Gorwai, l’alluvione era davvero terribile. Hanno distrutto la nostra fattoria e ci hanno sfollato permanentemente”, spiega Nyabuot. “Non sappiamo cosa abbia causato queste inondazioni, ma hanno distrutto la nostra terra e ucciso il nostro bestiame. Quando siamo stati sfollati dalle nostre case, avevamo da mangiare solo piante selvatiche. »
Nyabuot ora vive con la sua famiglia lungo il Canale Jonglei, un corso d’acqua incompiuto secolare che è diventato un punto vitale per oltre 69.000 sfollati nella contea di Ayod. Gli abitanti del villaggio sopravvivono grazie agli aiuti alimentari del Programma alimentare mondiale (WFP), alle piante selvatiche e alle ninfee delle paludi quando gli aiuti finiscono.
Secondo l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, solo quest’anno più di 379.000 persone sono state sfollate a causa delle inondazioni. Il Sud Sudan, descritto dalla Banca Mondiale come il paese più vulnerabile ai cambiamenti climatici, è scarsamente preparato ad affrontare questa piaga. Le infrastrutture stanno crollando e anni di guerra civile hanno lasciato il governo incapace di affrontare crisi come le inondazioni, che continuano a travolgere villaggi, distruggere terreni agricoli e uccidere bestiame.
Aiuti umanitari via aerea
Le comunità sfollate nella contea di Ayod sono quasi completamente isolate dal resto del mondo. Le strade sono impraticabili e i canali sono troppo bassi per consentire il passaggio delle barche cariche di cibo. Gli aiuti possono arrivare solo via aerea.
“In realtà stiamo consegnando cibo tramite lanci aerei”, spiega John Kimemia, coordinatore dei lanci aerei del WFP. “Prima di consegnare, dobbiamo preparare il terreno per una zona di rilascio. In questo caso l’area non era stata bonificata, quindi abbiamo dovuto chiedere aiuto alla comunità per ripulirla. Al momento non è possibile accedere a strade o canali. »
Nonostante gli sforzi del WFP, le risorse sono limitate. Le razioni di aiuto alimentare sono state dimezzate negli ultimi anni a causa della riduzione dei finanziamenti internazionali. Quando gli aiuti finiscono, le famiglie sfollate si ritrovano senza altra scelta se non quella di provvedere a se stesse.
Sopravvivenza in completo isolamento
L’isolamento di queste comunità non fa altro che accentuare le loro difficoltà. Nel villaggio di Pajiek, il capoluogo della contea di Ayod, è accessibile solo dopo una camminata di sei ore attraverso l’acqua profonda fino alla cintola. Non esiste una rete mobile, nessuna presenza governativa e nessun accesso regolare all’assistenza sanitaria.
Nel centro sanitario del villaggio di Paguong, circondato da terreni allagati, i medici non vengono pagati da giugno. I pazienti, per lo più donne e bambini, aspettano a terra per ricevere le cure nel timore che nella zona vi siano serpenti velenosi.
I problemi economici del Sud Sudan sono peggiorati poiché un oleodotto danneggiato nel vicino Sudan, causato dalla guerra civile in corso, interrompe le esportazioni. I dipendenti pubblici statali di tutto il Paese non sono retribuiti da oltre un anno.
Clima e conflitto
Le ripetute inondazioni sono state collegate a fattori tra cui l’apertura di dighe a monte in Uganda e l’innalzamento dei livelli nel Lago Vittoria. Le zone umide del Sud Sudan, le Sudd Marshes, si sono espanse in modo significativo a partire dagli anni ’60, sommergendo più terra e sfollando più persone.
Con l’aggravarsi della crisi, il canale incompiuto Jonglei, un progetto di epoca coloniale per deviare l’acqua a nord verso l’Egitto, è diventato un rifugio per le famiglie in cerca di zone più elevate.
Tuttavia, per gli sfollati come Nyabuot Reat Kuor, la vita rimane precaria. “Sopravviviamo con ciò che troviamo”, dice. “Piante selvatiche, ninfee. Vogliamo solo cibo e aiuto per vivere. »
Le inondazioni nel Sud Sudan non sono solo un disastro climatico, ma anche un’emergenza umanitaria, che mette a nudo la fragilità di una nazione alle prese con conflitti, povertà e vulnerabilità climatica. Per Nyabuot e migliaia di altri, la sopravvivenza è appesa a un filo.